Il lockdown, inteso nel senso più restrittivo, sta per terminare. Il ricordo di quanto è accaduto – o non accaduto – dall’11 marzo a oggi, durerà per sempre. Che cosa mi resta di questa fase storica di blocco totale?
Premesso che durante questo periodo, benché intervallato da alcuni giorni di ferie, ho continuato a rimanere in servizio, mi porto dietro quelle singolari sensazioni provate nella permanenza fra le mura di casa.
Scrissi queste righe il 13 marzo, all’inizio di una quarantena volontaria che decisi di fare, per motivi preventivi e precauzionali, su invito dell’azienda per la quale lavoro. Le intitolai Diario di bordo.
«Il mondo si è ristretto alle pareti domestiche e la quotidianità si sviluppa in poco più di cento metri quadrati. I pochi rumori esterni giungono ovattati mentre quelli domestici, pur arrivando all’orecchio più amplificati del solito, sono divenuti quasi confortanti, rassicuranti: la macchinetta del caffè, la chiusura o l’apertura del frigorifero, il rubinetto aperto o lo sciacquone del bagno. Perfino l’aspirapolvere, che in altri momenti era motivo di disturbo, è diventato ancor più familiare. L’occasione è buona per applicare il metodo del telelavoro e per affiancare, da casa, quello dei colleghi in servizio, rispettando la tabella di marcia che loro stessi, stando in prima linea, si sono dati.
Il desiderio, al chiuso di una stanza utilizzata come camera da letto e libreria insieme, è quello di scrivere. Dice che per molte persone sia un’esigenza avvertita da sempre. Difficile dirlo: d’altronde, esistono molte forme espressive con le quali manifestare certe sensazioni: musica, poesia, recitazione. Certo è che il momento particolarissimo che stiamo attraversando, e che per me cade a 57 anni, può agevolare la riscoperta di questo esercizio, al di fuori del normale ambito di lavoro.
Il diario di bordo di oggi, domenica, lo dedico ai nipotini: Lorenzo e Francesco.
Con grande entusiasmo, aiutati e sorvegliati in questo dai loro genitori, hanno scoperto il funzionamento di whatsapp. Capito l’arcano, hanno iniziato a tempestare lo zio con una serie infinita di messaggi, soprattutto vocali, raccontando, più o meno in diretta, tutto quello che stavano facendo o avevano fatto. Una sorta di radiocronaca in libertà, ricca di particolari, nella quale hanno narrato ogni cosa che passava loro per la mente, offrendo allo zio la loro finestra sul mondo. La fantasia dei bambini rimane sorprendente: in pochi minuti sono passati dalla descrizione del gatto che frequenta la casa, all’uso delle mascherine antivirus, alla spesa al supermercato. E tutto finiva con un bacio allo zio. Un bacio virtuale, come quelli che ci scambiamo in questi momenti difficili, ma che speriamo torni reale prima possibile.
Diario di bordo, ho pensato. Forse è il titolo più giusto. Navighiamo a vista, verso un obiettivo a noi chiaro.Vediamo il punto d’approdo in lontananza, ma non ci è dato di sapere quando».