Abbiamo a disposizione un’infinita di luoghi che il mondo ci invidia. L’Italia e le sue regioni sono ricche di testimonianze storiche di epoche passate, spesso unite alla bellezza naturale di un paesaggio da cartolina. Giusto ammettere che ogni angolo del nostro territorio parla di sé, poiché custodisce un patrimonio di storia che è naturale conoscere e valorizzare.
Ecco: la parola chiave dello sfogo di questa domenica risiede proprio in questo verbo: valorizzare. Siamo convinti che venga fatto tutto il possibile per tutelare i siti turistici che abbiamo la fortuna di possedere? Non sarebbe possibile migliorare la qualità dell’offerta per consentire al turista di visitarli senza troppi pensieri?
È dunque la gestione dell’accoglienza, a mio modo di vedere, l’aspetto meno trascurabile del problema ed è un dilemma che si trascina, ormai, da parecchio tempo. D’altronde il coordinamento, più o meno corretto, degli aspetti logistici, compresa la semplice salvaguardia del luogo interessato, può trasformare una visita da sogno in una parentesi da dimenticare.
È opportuno riconoscere che la fruizione dei beni artistici e culturali, negli ultimi anni, sia stata facilitata, ma non sempre i servizi di benvenuto raggiungono livelli minimi di sufficienza.
Questo è il versante sul quale, a mio parere, sarebbe opportuno operare con maggiore sollecitudine. Quante volte vi è capitato di sentirvi chiedere informazioni dal turista di passaggio e di non essere stati in grado di fornirgli la risposta voluta? «Guardi, non saprei dirle, può rivolgersi nel posto X all’ora Y. Forse trova qualcuno». Oppure: «Boh, non so».
Quando segnalo di agevolare la fruizione al pubblico di un sito turistico, mi riferisco, dunque, in primo luogo, a quella serie di informazioni, complete e ben coordinate, che dovrebbero essere reperibili in ogni momento. In poche parole: si dovrebbe sapere esattamente a chi rivolgersi, come e quando. Non sempre questo è possibile e non sempre per la cattiva volontà, o negligenza, del turista.
In secondo luogo, è necessario garantire al viaggiatore quel livello di dignitosa accoglienza che ha diritto di pretendere: servizi igienici puliti e funzionanti, corsie preferenziali per le persone meno fortunate, spazi dove sostare anche solo per riprendere fiato, luoghi di ristoro nei quale acquistare beni essenziali a prezzi non esorbitanti. Se non è disponibile l’aperitivo alla moda poco importa, basta che siano vendute bevande fresche, e prodotti per fermare lo stomaco, senza che sia richiesto un esborso fuori misura per poterli comprare.
La presenza dei luoghi dove si vendono souvenir, bigiotteria, o ricordi da custodire più o meno gelosamente, può incuriosire e ci sta, a patto che i gestori non speculino in misura irragionevole sul valore simbolico degli oggetti messi in vendita.
Tutto il resto lo considero complementare. Non è indispensabile, per esempio, la presenza in loco del ristorante tipico con i prodotti del territorio, dove il servizio, di solito, non è all’altezza delle aspettative e nel quale il cliente è costretto a rifugiarsi nei menù turistici dai prezzi maggiorati.
Esprimo quindi il desiderio che il lavoro organizzativo alla base dell’accoglienza sia strutturato in modo meno frammentario, con un coordinamento più efficace, che assecondi le esigenze degli ospiti dando loro il modo di sapere chi, come e che cosa.
Con tutto ciò, nessuno mette in dubbio la professionalità dei singoli operatori. Molti di loro sono di giovane età e meritano di essere incoraggiati per continuare nel modo migliore un cammino professionale comunque impegnativo. Ma proprio attraverso un’adeguata pianificazione complessiva diventa possibile ottimizzare anche il contributo dei singoli e, di conseguenza, l’impegno che sono chiamati ad assolvere.
Buona domenica e scusate lo sfogo.